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Marta

giovedì 12 gennaio 2012

La società della fretta

Sono due giorni che due bambini perdono la vita in circostanze orrende, ma soprattutto legate alla fretta e alla distrazione degli adulti. Questo purtroppo mi dispiace e mi rende triste ma, mi fa soprattutto riflettere sulla vita che conduciamo oggi. Sono gli stili di vita della società contemporanea a imporre ritmi pressanti o l'origine della fretta è nella natura umana? Diciamo che secondo me, entrambe le cose sono vere. Io sono una nervosa a prescindere, ma il mio tram tram quotidiano non mi aiuta. Ma oltre a ME, credo che, esista il tacito obbligo sociale di essere all'avanguardia e competitivi. Questo causa un'inspiegabile paura di perdere tempo che rende difficile godersi l'attesa oppure rallentare il ritmo. Perfino il tempo libero viene messo in agenda (vedi quello che dicevo a proposito dello yoga ieri..) e spesso anche la vacanza diventa un calendario intenso, con il dovere inconsapevole di divertirsi o di conoscere, e vedere, il più possibile.

Se l'origine della fretta è nella natura umana, può darsi che l'attuale situazione sia diventata "una piaga" con il progresso tecnologico, che porta sì vantaggi e comodità, ma è anche maschera che nasconde le antiche paure: la solitudine, la malattia e la morte. Eppure, paradossalmente, proprio nel rifuggire queste realtà, la fretta dello stile di vita contemporaneo le trasforma in rischio ancora più concreto. Io faccio mille cose così non sono costretta a pensare. Se mi fermo, sono perduta. Questo ormai sono anni che continua a ripetermelo quel sant'uomo del mio fidanzato (che ebllo usare termini belli per cose sceme.. no no, mica ci siamo fidanzati con l'anello per davvero, stiamo solo convivendo!) e più io scuoto la testa e dico NON E' VERO, più sono cosciente del fatto che SIA VERO. Corro, mi stresso e faccio le cose per non pensare.

"Abbiamo un bisogno urgente di rallentare, riprendere fiato, di sbarazzarci dell'angoscia di non arrivare a fare tutto quello che si deve fare nell'arco delle ventiquattro ore che fanno la giornata. Nella ricerca della tranquillità, il primo passo è il divorzio dal mito della velocità. Quello va bene per i programmi software e i gran premi di Formula Uno. Noi piccoli uomini, lasciamoci attrarre dal richiamo della lentezza. Cominciamo a praticare la sosta, le pause lunghe, il passo pigro". Così recita l'inizio di una recensione a un breve saggio di di Christoph Baker "Ozio, lentezza e nostalgia" (Editrice missionaria italiana, 2001), che affronta un tema che tutti sentiamo, ma che non abbiamo tempo di approfondire (ahahahahah.. sempre il solito TEMPO).

Ho letto che bisognerebbe sperimentare questa cosa: provare a camminare in centro in città all'ora di punta. Ignorando gli altri attorno, preso coraggio, bisognerebbe cominciare a muovervi lentamente, senza fretta. Poi, alzare gli occhi e guardare.. Sembrerà di essere in un'altra dimensione. Dicono che la fretta degli altri apparirà nella sua insensatezza, mentre noi noteremo sotto un'altra luce le tante cose che ci circondano. Sarà vero? Sarà da provare..

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